Il rischio idrogeologico

Il rischio idrogeologico determina il rischio connesso all’instabilità dei versanti, dovuta a particolari aspetti geologici e geomorfologici di questi, o di corsi fluviali in conseguenza di particolari condizioni ambientali, condizioni atmosferiche meteorologiche e climatiche che interessano le acque piovane e il loro ciclo idrologico una volta cadute al suolo, con possibili conseguenze sull’incolumità della popolazione e sulla sicurezza di servizi e attività su un dato territorio.

Rischio meteo-idrogeologico e idraulico

Nell’ambito del rischio meteo-idrogeologico e idraulico rientrano gli effetti sul territorio determinati da condizioni meteorologiche avverse e dall’azione delle acque in generale, siano esse superficiali, in forma liquida o solida, o sotterranee. Le manifestazioni più tipiche di questa tipologia di fenomeni sono temporali, venti e mareggiate, nebbia, neve e gelate, ondate di calore, frane, alluvioni, erosioni costiere, subsidenze e valanghe. Il rischio meteo-idrogeologico e idraulico è fortemente condizionato anche dall’azione dell’uomo. La densità della popolazione, la progressiva urbanizzazione, l’abbandono dei terreni montani, l’abusivismo edilizio, il continuo disboscamento, l’uso di tecniche agricole poco rispettose dell’ambiente e la mancata manutenzione dei versanti e dei corsi d’acqua hanno sicuramente aggravato il dissesto e messo ulteriormente in evidenza la fragilità del territorio italiano, aumentando l’esposizione ai fenomeni e quindi il rischio stesso.

Il rischio meteorologico

Le condizioni atmosferiche, in tutti i loro aspetti, influenzano profondamente le attività umane. In alcuni casi i fenomeni atmosferici assumono carattere di particolare intensità e sono in grado di costituire un pericolo, cui si associa il rischio di danni anche gravi a cose o persone. Si parla allora, genericamente, di condizioni meteorologiche avverse. È importante distinguere i rischi dovuti direttamente ai fenomeni meteorologici da quelli derivanti, invece, dall’interazione degli eventi atmosferici con altri aspetti che caratterizzano il territorio o le attività umane. Questi rischi vengono quindi trattati dalle discipline scientifiche che studiano quei particolari aspetti soggetti all’impatto delle condizioni meteorologiche. A titolo esemplificativo piogge molto forti o abbondanti, combinandosi con le particolari condizioni che caratterizzano un territorio, possono contribuire a provocare una frana o un’alluvione. In questo caso si parla di rischio idrogeologico o idraulico. Mentre condizioni di elevate temperature, bassa umidità dell’aria e forti venti, combinate con le caratteristiche della vegetazione e del suolo, possono favorire il propagarsi degli incendi nelle aree forestali o rurali determinando il rischio incendi. Al contempo condizioni di temperature molto alte (in estate) o molto basse (in inverno), combinate con particolari valori dell’umidità dell’aria e dell’intensità dei venti, possono costituire un pericolo per la salute delle persone, specie per le categorie che soffrono di particolari patologie. In questo caso si tratta di rischio sanitario, rispettivamente per ondate di calore o per freddo intenso. Infine nevicate abbondanti in montagna, seguite da particolari condizioni di temperatura e/o venti a quote elevate, in determinate situazioni di morfologia del terreno e di esposizione dei pendii possono dar luogo al movimento di grandi masse di neve – valanghe – che scendono più o meno rapidamente verso valle, col rischio di travolgere persone o interessare strade ed abitazioni. Altri rischi connessi agli eventi atmosferici, invece, derivano dal verificarsi di fenomeni meteorologici in grado di provocare direttamente un danno a cose o persone. In particolare, i fenomeni a cui prestare maggiore attenzione sono: temporali, venti e mareggiate, nebbia e neve/gelate.

Il rischio idrogeologico e idraulico

L’idrogeologia è la disciplina delle scienze geologiche che studia le acque sotterranee, anche in rapporto alle acque superficiali. Nell’accezione comune, il termine dissesto idrogeologico viene invece usato per definire i fenomeni e i danni reali o potenziali causati dalle acque in generale, siano esse superficiali, in forma liquida o solida, o sotterranee. Le manifestazioni più tipiche di fenomeni idrogeologici sono frane, alluvioni, erosioni costiere, subsidenze e valanghe. Nel sistema di allertamento il rischio è differenziato e definito come:

Il rischio idrogeologico, che corrisponde agli effetti indotti sul territorio dal superamento dei livelli pluviometrici critici lungo i versanti, dei livelli idrometrici dei corsi d’acqua della la rete idrografica minore e di smaltimento delle acque piovane.

Il rischio idraulico, che corrisponde agli effetti indotti sul territorio dal superamento dei livelli idrometrici critici (possibili eventi alluvionali) lungo i corsi d’acqua principali.

In Italia il dissesto idrogeologico è diffuso in modo capillare e rappresenta un problema di notevole importanza.

Tra i fattori naturali che predispongono il nostro territorio ai dissesti idrogeologici, rientra la sua conformazione geologica e geomorfologica, caratterizzata da un’orografia (distribuzione dei rilievi) complessa e bacini idrografici generalmente di piccole dimensioni, che sono quindi caratterizzati da tempi di risposta alle precipitazioni estremamente rapidi. Il tempo che intercorre tra l’inizio della pioggia e il manifestarsi della piena nel corso d’acqua può essere dunque molto breve. Eventi meteorologici localizzati e intensi combinati con queste caratteristiche del territorio possono dare luogo dunque a fenomeni violenti caratterizzati da cinematiche anche molto rapide (colate di fango e flash floods). Il rischio idrogeologico è inoltre fortemente condizionato anche dall’azione dell’uomo. La densità della popolazione, la progressiva urbanizzazione, l’abbandono dei terreni montani, l’abusivismo edilizio, il continuo disboscamento, l’uso di tecniche agricole poco rispettose dell’ambiente e la mancata manutenzione dei versanti e dei corsi d’acqua hanno sicuramente aggravato il dissesto e messo ulteriormente in evidenza la fragilità del territorio italiano e aumentato l’esposizione ai fenomeni e quindi il rischio stesso. La frequenza di episodi di dissesto idrogeologico, che hanno spesso causato la perdita di vite umane e ingenti danni ai beni, impongono una politica di previsione e prevenzione non più incentrata sulla riparazione dei danni e sull’erogazione di provvidenze, ma sull’individuazione delle  condizioni di rischio e sull’adozione di interventi per la sua riduzione. Provvedimenti normativi hanno imposto la perimetrazione delle aree a rischio, e si è sviluppato un sistema di allertamento e sorveglianza dei fenomeni che, assieme a un’adeguata pianificazione comunale di protezione civile, rappresenta una risorsa fondamentale per la mitigazione del rischio, dove non si possa intervenire con misure strutturali.

Il rischio idraulico e meteo-idrogeologico

Nell’ambito del rischio idraulico e meteo-idrogeologico rientrano gli effetti sul territorio indotti dalle “condizioni meteorologiche avverse” e dall’azione delle acque superficiali, in forma liquida o solida, a contatto con il terreno. All’interno di questa tipologia di rischio, molto complesso, si inseriscono diversi fenomeni tra cui alluvioni, esondazioni, mareggiate, erosioni costiere, ondate di calore.  Pur essendo connessa all’interazione tra due elementi naturali, l’acqua e il terreno, questa tipologia di rischio è fortemente condizionata dall’azione dell’uomo. Fenomeni antropici come l’urbanizzazione, l’abusivismo, l’abbandono dei terreni montani e agricoli, il disboscamento e la mancata manutenzione del territorio hanno l’effetto di aggravare il dissesto idrogeologico del territorio italiano, dovuto alla propria conformazione geologica e geomorfologica, con la conseguenza di aumentare l’esposizione a questa tipologia di rischio.

Rischio idraulico

Il rischio idraulico corrisponde agli effetti indotti sul territorio dal superamento dei livelli idrometrici critici lungo i corsi d’acqua principali conseguenti a precipitazioni intense e/o alluvionali. Tale rischio manifesta i suoi effetti nelle esondazioni, erosioni spondali e danneggiamento degli attraversamenti (ponti, condotte, infrastrutture in genere).

La situazione nel Lazio ed a Roma

A Roma il rischio idraulico è connesso alla presenza dei due fiumi principali: il Tevere e l’Aniene. Lungo l’asta principale del Tevere, a Corbara (Umbria), a monte di Orte, nel 1963, è stata realizzata un’importante opera idraulica di contenimento con la funzione di laminare, ovvero contenere, le portate del fiume. Prima di giungere a Roma il Tevere, nei pressi di Orvieto, riceve un contributo sostanziale dal suo affluente Paglia-Chiani che, per caratteristiche geomorfologiche, concorre in modo impulsivo a determinare delle piene significative, anche per l’assenza di opere di regimentazione importanti. Nel tratto compreso tra Orte e la traversa di Castel Giubileo, il fiume attraversa un territorio conformato con golene naturali di espansione, ovvero aree di pertinenza del fiume che consentono l’espansione in caso di piena fino ai suoi argini. In questo tratto il Tevere è anche regimentato da alcune opere idrauliche minori, come ad esempio sbarramenti, dighe, traverse e bypass. Nel tratto urbano il fiume Tevere è invece contenuto dai cosiddetti muraglioni, l’importante opera costruita a seguito della grande inondazione subita dalla città il 28 dicembre 1870, in occasione della quale il livello idrometrico a Ripetta raggiunse 17,22mt. Il secondo fiume della città, l’Aniene, attraversa Roma da est a ovest, coinvolgendo sostanzialmente il IV e III municipio, ricongiungendosi al Tevere nei pressi di Ponte Salario (II municipio). Il fiume nel suo percorso cittadino attraversa diverse aree verdi, quali il Parco dell’Aniene, con aree di esondazione naturali che non presentano un rischio idraulico elevato data la bassa presenza di insediamenti abitativi e attività produttive. Situazione differente quella dell’area della zona industriale della Tiburtina e di tutta l’area di via di Pietralata che presenta un maggior rischio idraulico, vista la presenza di insediamenti. Talvolta l’Aniene è soggetto anche a rigonfiamenti e piene rapide a causa dei suoi affluenti a regime torrentizio provenienti dalle pendici dei Colli Albani e dei Monti Prenestini. Oltre ai due fiumi principali, il territorio di Roma presenta una capillare rete fluviale secondaria, afferente al Tevere e all’Aniene, composta da fossi, marane, colatori. In questa diffusa rete secondaria il rischio idraulico-idrogeologico si manifesta pertanto di livello elevato e molto elevato, anche per eventi con un tempo di ritorno di 1-2 anni (canale Palocco, Municipio X), generando frequenti esondazioni che coinvolgono sia infrastrutture stradali che aree urbanizzate. Le zone maggiormente a rischio rientrano nei Municipi IV, VI, VII, X, XI e XV, ma, in occasioni eccezionali, sono soggette ad esondazioni anche i restanti Municipi.

Erosione costiera

L’ambiente costiero è un sistema altamente dinamico in cui i fenomeni di erosione, e quindi di arretramento della linea di costa, o di avanzamento della stessa, sono determinati da numerosi fattori meteoclimatici, geologici, biologici e antropici. Lungo la linea di costa può verificarsi uno squilibrio tra il processo di deposizione e quello di erosione, con netta prevalenza di quest’ultimo, che porta all’assottigliamento progressivo del litorale e a un generale arretramento della linea di costa, generando il fenomeno dell’erosione costiera. Tale processo è causato sia da fenomeni naturali, quali le mareggiate, correlate alla direzione prevalente dei venti, all’innalzamento del mare e alla subsidenza, sia da azioni antropiche. Nella nostra regione l’erosione dei litorali interessa circa il 54% della costa mettendo a repentaglio il sistema ambientale su cui poggia una parte importante dell’economia regionale.

Rischio crisi idriche

Il fenomeno delle crisi idriche è un fenomeno che recentemente sta interessando il nostro Paese. In Italia negli ultimi decenni si è venuta a delineare una situazione meteo-climatica caratterizzata da una generalizzata diminuzione delle precipitazioni. Negli ultimi anni, in particolare, sono stati registrati prolungati periodi di scarse precipitazioni che hanno generato situazioni di emergenza idrica in gran parte del territorio nazionale (anni 2002, 2003, 2012 e 2017). La carenza di approvvigionamento idrico è dovuta essenzialmente ad una riduzione delle portate delle fonti di approvvigionamento (falde acquifere), a causa di scarse precipitazioni invernali-primaverili, cui si aggiungono i problemi legati al notevole livello di dispersione della rete idrica. In questo contesto, in un’ottica di prevenzione, può essere utile imparare a gestire in modo più corretto l’utilizzo di una risorsa preziosa come l’acqua, ottimizzandone i consumi con piccoli accorgimenti e comportamenti quotidiani tra cui: non lasciar scorrere inutilmente l’acqua del rubinetto, utilizzare i dispositivi frangigetto, preferire la doccia al bagno.

Trombe d’aria

In meteorologia una tromba d’aria è un violento vortice d’aria che si origina alla base di una nube temporalesca di grandi dimensioni a sviluppo verticale, detta cumulonembo, che giunge a toccare il terreno. È un fenomeno meteorologico altamente distruttivo e, seppur si verifichi con una frequenza non elevata, nell’area mediterranea rappresenta il fenomeno più violento. Le trombe d’aria sono quasi sempre associate a temporali estremamente violenti e possono percorrere centinaia di chilometri e generare venti dai 150 a 300 km/h. L’Italia non è uno dei paesi con la più alta incidenza di trombe d’aria a livello mondiale, ma è sempre stato uno tra i Paesi europei più interessati dal fenomeno e la nostra regione figura tra quelle a rischio. L’intensità dei tornado e delle trombe d’aria, viene misurata attraverso la Scala Fujita, scala di misurazione empirica valutata sulla base dei danni subiti dalle strutture costruite dall’uomo. I valori della scala Fujita variano dal grado 0 (debole) al grado 5 (catastrofico). In Italia l’intensità media dei fenomeni è medio-bassa (F0-F3), anche se non mancano nella storia della meteorologia italiana trombe d’aria di notevole potenza e distruttività e si prevede che la loro frequenza sia destinata a salire nei prossimi anni.

LA SCALA FUJITA

La scala Fujita (Enhanced Fujita scale) è una scala utilizzata negli USA e in Canada, per stimare l’intensità dei tornado in base ai danni che causano. Questa scala, nelle zone dove è utilizzata, va a sostituire l’originale scala Fujita, ritenuta ormai obsoleta. La scala è in utilizzo negli USA a partire dal 1º febbraio 2007, mentre in Canada è stata implementata più di recente, dal 1º aprile 2013